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Ospiti perché stranieri e pellegrini,

ospiti perché non respinti,

ospiti perché a casa,

ospiti perché non lasciati soli,

ospiti perché custoditi, curati, 

ospiti perché pensati,

ospiti perché poveri, 

ospiti perché non proprietari, 

ospiti perché figli,

ospiti… orientati dalla Pace.

Educati dall’allora cardinale di Milano Carlo Maria Martini ad avvicinarci alla Parola e a prendere familiarità con l’antica disciplina monastica della lectio divina, imparando ad usare carta e penna per avvicinarci un po’ ai testi sacri, molti di noi hanno scoperto nella Parola, così accostata, un pozzo profondo di acqua viva.

Abbiamo imparato a distinguere i “quattro gradini” della lectio (o alle quattro corde della cetra), ad entrare in un ritmo antico; abbiamo condiviso questa esperienza con molti altri e abbiamo, piano, fatto sì che potesse anche essere piccola esperienza personale.

Lettura, meditazione, preghiera, contemplazione…; abbiamo sperimentato che la Parola si lascia avvicinare e ci viene posta tra le mani.

In questi ultimi vent’anni, con piccoli gruppi, normalmente di coppie (massimo dodici persone, preferibilmente meno), abbiamo accolto in profondità la sapienza antica di questo modo di accostare la Scrittura, pur modificando alcuni equilibri tra i tempi dei vari passaggi.

La Bibbia accanto a noi, inizialmente chiusa, un frammento di Parola su un foglio. Non è forse così che, normalmente, nella liturgia, la Parola ci raggiunge? un brano o più, scritti su un foglio, con i piccoli numeri che rimandano all’insieme del mosaico.

Questo forzare del frammento tra le mani, lasciato per un momento fuori contesto…, ci ha educato ad un primo atteggiamento fondamentale:

il silenzio, il rispetto, l’ascolto che sospende pretese di comprensioni immediate, piuttosto apre domande, domande sulle quali imparare a stare, domande da abitare senza fretta.

Davanti alla Parola, in ascolto della Parola, in silenzio, “ritirati” per lasciare tutto lo spazio che le è dovuto, la centralità che le è propria, il primato assoluto.

Imparare a “spostarsi” dalla scena, non ingombrarla nemmeno con la nostra sincera ricerca di che cosa il Signore voglia dirci nella sua Parola. Abbiamo sperimentato che l’anticipazione di questa domanda importante nel percorso della lectio divina (cosa dice a me/noi, oggi, questa Parola), può togliere spazio, importanza, centralità, appunto, ad una Parola che ha senso ben oltre e ben prima di quello che possiamo poi cogliere per noi, e che non è dato di capirla ne’ di “attualizzarla”, se non la si è profondamente ascoltata laddove e quando è stata detta/fatta.

Crediamo una Parola che si è fatta carne, storia e geografia, corpo umano, popolo, terra…. Una Parola eterna diventata tempo, spazio, cioè limite, incarnazione, umanità…

E in questa umanità della Parola di Dio riposa tutta la nostra speranza, è vitale, è la nostra salvezza: è la cosa seria della nostra fede.

Non inquinare troppo in fretta con le nostre domande attuali l’ascolto del testo, non mettere al centro noi stessi, pur nel sano discernimento che ci fa accostare la Parola stessa, ma avvicinarci in tutta gratuità, senza preconcetti, precomprensioni, ma anche senza pretese di risposte, senza ansie spirituali…

Contemplare una Parola detta, che è evento storico, che è racconto, narrazione, da ascoltare, immaginare, contestualizzare…; che chiede un trasferimento nel tempo e nello spazio, che chiede di farci pellegrini e stranieri, di percorrere altre strade, di incontrare uomini e donne di culture diverse, una storia altra…

E stare, so-stare in questo frammento di Parola che ora apre domande disinteressate, domande altre dalle proprie urgenze, domande che portano altrove da se stessi: dove siamo, chi è in scena, qual è il piano dell’evangelista che sta raccontando…; e le mille altre domande che ogni testo chiede di porsi per essere compreso (vedi parte metodologica).

Più ci si immerge, più si interroga, meno ci si preoccupa di capire, di avere risposte immediate, e più si impara a cercare ancora, cercare più in profondità, ad allargare gli spazi. Più si scopre che ogni domanda è il filo di una rete che si va tendendo e che trova il proprio snodo in altri testi paralleli o più antichi, che allargano i significati e ampliano le questioni.

Si impara così a non aver più nessuna fretta di arrivare alle risposte, perché troppo importante è il viaggio che le domande insegnano a percorrere, e ogni tappa è un nuovo pozzo, un nuovo tesoro.

Fili che si tendono e che aprono un cammino dentro tutta la Scrittura, che non può che essere compresa nella sua totalità.

L’immersione nel pozzo di acqua viva che è la Parola e il racconto che ci fa del Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, togliendoci dalla scena e dalla centralità da cui eravamo inevitabilmente partiti, ci rende piano piano piccoli, e solo così potremmo avere accesso ai misteri del Regno.

In questo primo lungo momento, pur essendo in gruppo, dopo aver invocato insieme lo Spirito, dopo aver insieme ascoltato la Parola…, rimaniamo soli.

Anche qui, forzatamente soli, lasciati soli, con la Parola tra le mani, con questo involucro scomodo, prezioso, che non sappiamo come maneggiare, di cui abbiamo quasi timore, che forse a volte temiamo di conoscere fin troppo a memoria... Restare in questo silenzio, in questa solitudine, in questa paura o smarrimento…, fa entrare piano nello stupore, nella meraviglia; attratti magari da una parola, da un gesto, da un verbo strano, da una risposta non scontata, da una troppo facile interpretazione (morale!). Se lasciamo che la Parola sciolga la durezza difensiva con la quale accostiamo in genere ogni cosa…, se la mente non fa barriera con il proprio sapere già dato, se, soprattutto, impariamo ad usare tutti i sensi, si muoveranno in noi non solo pensieri, ma anche emozioni, sentimenti, ricordi, raccordi…

Decentrati dal nostro vissuto ci immergiamo nella scena che si presenta a noi, entrando nelle dinamiche relazionali, nelle vicende dei personaggi, nel loro tempo, nella loro cultura e nella loro comprensione di Dio…

Ed emergono alla memoria altri frammenti di Parola, che magari non sappiamo nemmeno come e dove recuperare, ma che sono lì da tempo, che sono semi piantati chissà quando e da chi, e che, dormi o vegli, a suo tempo, spuntano come frutto inatteso e insperato.

La rete apparentemente casuale di fili tirati qua e là, a volte, dà presto segnali di trama che va costruendosi, di tessuto dai mille colori che si compone, mostrando immagine inedite, che solo occhi che hanno atteso e ascoltato in profondità possono cogliere.

Quasi imbarazzati per una vicinanza personale con la Parola, un po’ disorientati e stupiti per la confidenza che si è creata allargando questo spazio/tempo, alziamo gli occhi verso gli altri che silenziosamente ci sono accanto e che hanno fatto il proprio percorso come ciascuno di noi, chissà…

L’invocazione dello Spirito, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, l’ascolto comune del frammento Parola, l’incontro silenzioso personale, interiore, intimo.

E, finalmente, ecco la consapevolezza che l’ascolto non è esperienza privata, isolata; personale sì, ma “ecclesiale”, di compagnia, di ascolto fatto insieme, e ora raccontabile. Il racconto senza pudore di tutto ciò che la Parola ha suggerito, dalle domande alle perplessità, dalle emozioni alle difficoltà…, sarà inevitabilmente condiviso. Ci si racconta, non perché si parla di sé (anzi, ci si è dimenticati nel frattempo!), ma ci si racconta nell’incontro personale con la stessa Parola che anche gli altri hanno ascoltato e incontrato. Si ascolta in silenzio l’amico che, in confidenza, narra di emozioni, non censura nulla e non teme tutte le proprie domande, il racconto del proprio piccolo percorso, il proprio non sapere, la proprio rinnovata curiosità. Perché si è incontrato un altro mondo, un altro…, si è fatto esercizio di convivialità con differenze spazio-temporali, culturali, religiose. Lo stesso religioso ascolto della Parola, sotto la guida dello Spirito, è ora rivolto all’altro: ascoltiamo l’amico, il compagno…; ascoltiamo con il rispetto e lo stupore per questo suo personale percorso, originale.

Perché ognuno arriva al Sinai per la propria strada…, e se la Parola che abbiamo ascoltato è la stessa, la meraviglia è che ciascuno la comprende nella propria lingua, cioè la Parola si lascia incontrare da ciascuno, perché l’ascolto è relazione, è incontro, è compagnia…

Ciascuno parla, ciascuno ascolta: la Parola è per tutti e tutti possono ascoltarla e “divenire profeti”. Tante domande, tanti dubbi, qualche approccio interpretativo, magari fuori luogo…; la Parola non teme di essere nelle nostre mani, la Parola ha accettato il limite della scrittura, della mano umana, del racconto collettivo… Ora accetta e rischia l’incontro con ciascuno di noi. Il problema non sarà dire cose giuste o sbagliate, ma aver cercato con sincerità, aver bussato con curiosità, aver chiesto con cuore aperto.

Stupiti per le mille diverse sfaccettature emerse dall’ascolto degli altri, ci si rende conto che la Parola cresce in chi l’ascolta, che continua la sua corsa nella storia tra le mani di chi ha osato lasciarsi forare l’orecchio, che è Parola gravida di novità, di senso, di orizzonti.

Parola che orienta, Parola che accompagna, Parola che apre percorsi nuovi e inediti, piste possibili, concrete, storiche, non dottrine assolute, verità certificate, dogmi indelebili.

La Parola, che si è giocata nella relazione personale con chi ha ascoltato, crea ora una nuova trama di relazionalità tra coloro che hanno insieme ascoltato. E si inizia a parlarsi, ci si interroga reciprocamente, ci si dice la crescita che il contributo di ciascuno ha portato al proprio personale, inevitabilmente limitato, approccio.

Il dialogo che si intesse tra gli uditori della Parola non ha ancora nessuna pretesa di comprensioni affrettate, di risposte facili, ma ancora cerca, ancora scava più in profondità, ancora complica il panorama aggiungendo nuovi particolari e visioni, angolature altre, altre memoria di testi.

“Resistere” in tutte queste domande, lasciarle crescere come piante che vanno custodite e coltivate senza fretta, dimentichi delle risposte da cercare, si potrà piano traghettare significati che non sono risposte, ma tracce, linee, significati…

Allora la Parola non sarà più lettera morta, non sarà più regola morale, non chiederà più uno sforzo di attualizzazione che soddisfi le domande che ci pongono oggi la vita e la storia.

La Parola sarà acqua viva che scorre tra le mani, fuoco ardente che scalda il cuore, seme piantato che darà frutto, Parola che ha preso carne, che è diventata corpo. Parola consegnata, Parola offerta, Parola spezzata, Parola partorita dentro la storia.

Parola che racconta di Dio e lo racconta nel corpo del Figlio, Parola che racconta dell’uomo e lo racconta nei corpi di uomini e donne, di popoli e di terre… Siamo raccontati da questa Parola che mette allo scoperto il cuore dell’uomo, le sue intenzionalità più profonde, i suoi odi, le sue vendette, le sue immagini di Dio, le sue guerre, le sue atrocità… Ma anche i suoi desideri, la sua sete d’amore, di terra, di acqua; la sua fame di pane e di Parola, la sua voglia di giustizia e di pace, di abitare la terra e di non essere solo…

Inevitabilmente tutto ciò porta a sciogliere il clima, a creare confidenza, ma anche sorriso e la sana ironia di chi non ha avuto paura di giocarsi e di rischiare un po’… Spesso si conclude in “agape fraterna”, condividendo la cena, dopo aver condiviso il pane della Parola.

Il prolungamento dei tempi di questa prima parte del percorso (lectio, meditatio) ha portato a vivere successivamente, nei luoghi della vita propri di ciascuno, gli altri passaggi: la preghiera, personale e quella vissuta nella eucaristia domenicale della propria comunità di riferimento, e la contemplazione/azione, che è il frutto dello Spirito in noi, che, a sua tempo, farà crescere il seme di questa Parola seminata e custodita, quando e come Dio vorrà.

Non siamo noi i tessitori, ma crediamo che la trama emergerà a suo tempo; dobbiamo solo aver cura di tendere i fili, aver cura della rete, senza lasciar cadere nulla.....

Tutta la Parola e tutta la vita: i fili si incontreranno, intrecciati. Non frammenti di Parola come risposta a frammenti di vita, non frammenti di vita che cercano Parola appropriata. La Parola seminata in abbondanza nel cuore emergerà come luce al momento opportuno, ma non sta a noi sapere i tempi e i modi.

Questa tendenza a non preoccuparci di “attualizzare” ogni singolo testo ascoltato, ci ha aiutato a far emergere l’attualità della Parola, non come nostro sforzo di aggiornamento e applicazione al presente, e nemmeno come astrazione dottrinale e morale valida per ogni tempo e ogni luogo. Piuttosto crediamo che la storicità della Parola scritta nel suo tempo/luogo, la rende evento vivo nell’oggi della storia, compimento in atto nel tempo.

Non si tratta di lasciare all’interpretazione personale e quindi al rischio di un relativismo…, ma di credere che la Parola viva è storia.

“Non apro la Scrittura sacra per cavarci la notizia del giorno, una combinazione con la mia attualità. Nel rispetto della distanza, io posso trasferirmi in quella storia e in quella lingua, piuttosto che costringere quella storia a rientrare nel mio piccolo formato moderno.

Mi piace la Scrittura sacra perchè inattuale. Detto questo, le parole pronunciate su un monte non identificato circa il primato degli ultimi, circa il rovesciamento dei fasulli valori di ricchezza e di fortuna a favore dei calpestati in cuore, degli umiliati nel fiato, restano indelebili. Non sono attuali quelle parole. Sono eterne”. (Erri De Luca – Jesus n° 1 Gennaio 2010).

Che cosa potrà rendere questo approccio non astratto e disincarnato?

Quando il “per me/per noi, oggi” emergerà da questo modo di accostare la Parola?

A lungo si è riflettuto su ciò, anche per dare ragione, per rendere conto di questo ascolto aperto, non compiuto insieme e subito…

Ed è emersa una grande domanda:

la Parola è disincarnata e astratta perchè non cerchiamo applicazioni e attualizzazione, oppure siamo noi disincarnati dalla vita e dalla storia quando ci avviciniamo alla Parola?

Siamo consapevoli che una profonda incarnazione/umanità della nostra vita, personale e collettiva, la nostra passione per l’uomo e il cosmo, la giustizia e la pace, il dolore e il grido per l’umanità straziata dal peccato dell’uomo…..: se tutto ciò abita davvero il nostro cuore, allora la Parola ci raggiungerà in tutta la sua attualità di evento salvifico, perché scioglierà in lacrime, trafiggerà i nostri cuori, chiederà conversione…

La Parola resta muta per chi è sordo davanti alla storia, la Parola parla per chi ha occhi e orecchi attenti al grido che sale dall’umanità figlia.

Allora l’ascolto diverrà la porta d’accesso al discernimento…..

Allora, per la conosciuta, incontrata, sperimentata “misericordia di Dio, potremmo anche noi, offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; sarà questo il nostro culto spirituale” (Rm. 12,1).

In colui che “non si vergogna di chiamarci fratelli” (Eb. 2,11), anche noi potremmo “adorare il Padre in Spirito e verità” (Gv.4) e chiamare fratello, sorella, madre…, coloro che ascoltano la Parola (cfr. Lc. 8,21) e sono chiamati ad essere costruttori di Pace (cfr. Mt. 5,9).

Allegato:

Metodologia

Il facilitatore* del gruppo sceglie i testi in base ad un percorso tematico o alla lettura continua di un vangelo o altro libro della Bibbia.

L’invocazione dello Spirito crea il clima e i presupposti per un ascolto secondo il cuore di Dio, e il silenzio diviene lo spazio dove tendere l’orecchio.

Viene letto, lentamente, il testo che tutti hanno davanti a sé in un foglio. Dopo la lettura si apre lo spazio personale di incontro con la Parola, secondo uno schema di domande che nel tempo ciascuno impara a conoscere e ad applicare autonomamente.

- ci sono parole nel testo che non conosco?

- ci sono parole che conosco ma di cui non sono sicuro del significato nel contesto di allora?

- ci sono parole che ricorrono più volte?

- ci sono inclusioni?

- ci sono espressioni particolari, non scontate, che potrebbero essere dette altrimenti?

- qual è il contesto in cui ci troviamo? in quale momento del Vangelo che stiamo leggendo? cosa è successo immediatamente prima?

- quale la scena che si presenta a noi? chi sono i protagonisti?

- quali personaggi si muovono e come entrano in relazione tra loro?

- vengono sottolineati particolare stati d’animo o emozioni?

- qual è il clima, la tensione, in cui la scena si svolge?

- chi parla? cosa dice?

- quali altri testi emergono alla memoria?

- ci sono riferimenti più o meno espliciti al Primo Testamento?

- quali domande apre questo ascolto?

- quali emozioni emergono in questo testo? e quali suscita in te che ascolti?

- ……

Dopo questo prolungato momento di incontro personale di ciascuno con la Parola ascoltata, ci si dispone all’ascolto dei fratelli e delle sorelle. Ciascuno è invitato, liberamente, a dire ciò che ha pensato, sperimentato, alle domande che si è posto, come questioni da chiarire, ma anche come piste di ricerca spirituale, vitale…

Si è invitati a non temere, a non censurare, a non giudicare il proprio pensiero/vissuto interiore: nulla deve andare perduto, nulla di ciò che l’uomo vive, pensa, crede… è estraneo alla Parola.

Si è sollecitati anche a non aver paura di sbagliare, di non sapere… Spesso chi rischia di più, chi si lascia andare, chi non pone barriere difensive, chi non conosce già molto, chi non parte con preconcetti/pregiudizi, dottrine stabilite…, diviene capace di incursioni originali, osa piste inesplorate, si fida dell’intuito spirituale che il cuore gli sta dettando…

Ci si ascolta in silenzio, imparando a stupirsi dell’incontro dell’altro con la Parola, della sua originalità, del suo percorso diverso, altro dal proprio…, pur davanti allo stesso testo.

Ciascuno ascolta e annota per un secondo momento, eventuali risonanze, chiarimenti…, che gli emergono da questa attenzione posta a ciò che chi parla riesce a comunicare. Ciascuno poi è invitato a parlare “come se fosse il primo”, non preoccupandosi di eventuali ripetizioni o sovrabbondanze. A tutti è offerta la stessa possibilità di parlare, di essere ascoltato, di ascoltare.

Dopo questo “primo giro”, dove ancora prevale un clima di silenzio orante, spirituale, si inizia un “secondo giro” che si estende fin tanto che il tempo a disposizione lo permette. A volte questo è il passaggio più compresso nel tempo, che invece richiederebbe di calma e lentezza per poter scendere in profondità.

I membri del gruppo entrano così in dialogo tra loro, incrociano le proprie domande, la propria ricerca, le ipotesi di lavoro. Insieme di comincia a percorrere la Bibbia attraverso i testi indicati a margine del testo in esame, o in nota, oppure attraverso le evocazioni che ciascuno ha presentato agli altri.

La ricerca spesso è solo iniziata insieme e chiede un prolungamento nel lavoro personale che ciascuno potrà fare a casa nel tempo che intercorre tra un incontro e l’altro (normalmente il ritmo è mensile).

Più si approfondisce la ricerca, più si aprono piste, meno ci si preoccupa di avere risposte precise a precise domande; anzi, più si comprende di essere dentro una storia, parte di una storia che coinvolge il presente in cui ciascuno di noi è immerso.

La profondità apre orizzonti nuovi e scenari imprevedibili, permette e chiede riletture e ricomprensioni, scalda il cuore e fa “ricordare”.

A questo punto chi guida il gruppo, raccogliendo la ricchezza emersa dalla comunicazione di ciascuno, cerca di ricomporre in unità il testo e, contemporaneamente, di rilanciarlo in una lettura più globale, cristocentrica.

Il tempo, normalmente, non consente di andare oltre tutto ciò, e forse va bene così, perché c’è un tempo per ogni cosa ed ora è chiesta la pazienza del contadino che attende il frutto al momento opportuno (Gc. 5,7).

N.B.

Questa metodologia prevede un conduttore/guida del gruppo stabile.

 

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